Nicolò Fancello

 

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FANCELLO Nicolò. - Nacque ad Osidda, in provincia di Nuoro, l'11 sett. 1886, da Pietro e da Giovanna Maria Marche. Seguendo le orme del padre, che era consigliere di Cassazione, il Fancello si laureò in legge. A Roma, dove la sua famiglia si era trasferita ai primi del Novecento, s'impegnò, ancora giovane, nell'attività politica, iscrivendosi nel 1909 al Fascio giovanile repubblicano e quindi militando nelle file del sindacalismo rivoluzionario. Il Fancello fu accanto a Giuseppe Di Vittorio alla testa delle lotte contadine in Puglia, ma soprattutto si distinse per un'intensa attività pubblicistica, collaborando a diversi periodici, quali il Divenire sociale, la Voce proletaria, la Calabria del popolo. Membro del Comitato di azione diretta di Parma, il Fancello fu contrario all'impresa libica. Proprio allora il Fancello si distaccò dai socialisti rivoluzionari per aderire al movimento antiprotezionista, che nel 1912 segnò una ripresa d'iniziativa sotto la guida di Gaetano Salvemini e grazie all'impulso che a quella battaglia diedero riviste come l'Unità, La Voce e la Riforma sociale. Nel 1913, insieme con Attilio Deffenu, il Fancello costituì il gruppo di azione e propaganda per gli interessi della Sardegna.

Allo scoppio della guerra mondiale il Fancello si schierò a favore dell'intervento dell'Italia; sottoscrisse l'appello in tal senso lanciato a Roma il 21 novembre 1914 dal Fascio rivoluzionario di azione internazionalista, sorto dall'unione di elementi anarchici, sindacalisti e repubblicani e del quale il Fancello era stato uno dei promotori. Il Fancello cominciò allora a collaborare con Il Popolo d'Italia, il giornale fondato da Mussolini che aveva iniziato le pubblicazioni il 15 novembre 1914. Con l'entrata in guerra dell'Italia si arruolò volontario e venne inviato in zona di operazioni, dove si distinse ricevendo un encomio. Il 15 febbraio 1919 scrisse l'articolo Nuovi doveri dei combattenti su La Nuova Giornata.

L'11 novembre 1928 il Fancello venne ricoverato in una clinica per malattie nervose. L'aggravamento delle sue condizioni psichiche rese poi necessario il ricovero in manicomio; venne rinchiuso nel manicomio romano di S. Maria della Pietà e quindi, il 25 febbraio 1935, nel manicomio di S. Francesco a Rieti. Morì a Rieti il 7 giugno 1944.